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Il Mare Di Castellammare / The Sea in Castellammare

By Heddigoodrich

Il mare di Castellammare / The sea in Castellammare

The Gulf of Naples from space (ESA/NASA)

A sedici anni il mare di Castellammare mi pareva un grande lago, io che di mari conoscevo solo il rabbioso Atlantico, eppure in un modo o un altro quel lago era riuscito a devastare uno dei suoi castelli. L’acqua leccava gli scogli dove mi piazzavo con un quaderno ad abbozzare quel rudere, sospeso sulla superficie vitrea dell’acqua come un miraggio. Le anguille non le disegnavo, ma trovavo ribrezzo e insieme piacere ad osservare sotto di me l’orgia dei loro corpi neri e oleati. Anche la sabbia era nera, luccicava come la notte. Però a Castellammare c’erano anche le spiagge di sassi – ciottoli caldi come panini che mi arrotondavano i sandali e producevano una piccola melodia ogni volta che l’acqua distrattamente ci passava sopra. D’estate quelle spiagge erano a pagamento e forse per questo si poteva andare topless. Io no. Ci voleva tutta la mia volontà solo per spogliarmi e restare in bikini. Ero, a quanto pare, una falsa magra.
To my sixteen-year-old eyes that had only ever known the angry Atlantic, the sea in Castellammare looked like a big lake, yet one that had nonetheless managed to topple over one of its castles. The water licked the boulders where I sat with a sketchpad drawing what was left of it, a ruin gliding like a mirage over the surface of the glassy water. I didn’t sketch the eels beneath me, but it was creepily enjoyable to watch the orgy of their black, oily bodies. The sand was black too; it twinkled like the night. But in Castellammare there were pebble beaches too – warm mounds that rounded the soles of my sandals and made a little melody every time the water distractedly washed over them. In the summer you had to pay to use those beaches: maybe that’s why you could go topless. Not me. I had to muster all my willpower just to strip down to my bikini. Apparently, I looked skinny only with my clothes on.
Dopo che mi misi con Franco, facevamo lo struscio in Villa Comunale, sul lungomare. Incrociavamo altri giovani camorristi, come il guappo che si spalmava il burro in faccia per accelerare l’abbronzatura e che, pure di sera alla luce soffusa della cassa armonica, aveva il volto lucido come un pollo appena sfornato. Il quartiere di Franco, Scanzano, era a pochi passi da là, ma con i suoi palazzi disastrati da secoli di frane e faide sembrava lontanissimo dal mare, e per arrivarci ci mettevamo in moto. Gli stringevo la vita abbondante, la moto partiva con uno scatto impaziente e subito la salsedine nei capelli si perdeva nel freddo umido dei vicoli serpeggianti. Superavamo il basso dove abitava con l’anziana madre malata, fino a un appartamento disabitato che non aveva nemmeno la corrente. Lì al buio facevamo l’amore, e dopo spesso Franco si faceva un pianto. Non mi disse mai il perché, mentre gli bevevo le lacrime salate, ma credo fosse per un suo amico morto ammazzato. Quando un giorno senza spiegazioni mi lasciò, ripresi a guardare il mare da sola, tramonti belli e sanguinanti come arance siciliane.
After I got together with Franco, we’d go for a stroll along the promenade. We’d run into other young Camorra recruits, like the poser who used to butter his face for a better tan and who, even by the soft light of the bandstand, looked as crisp as a baked chicken. Franco’s neighborhood, Scanzano, was a stone’s throw from there but, with its buildings in ruins from centuries of landslides and feuds between clans, it seemed a world away from the sea, and we’d hop on his motorcycle to get there. I’d wrap my arms around his thick waist, his motorbike would jerk forward impatiently and right away the salt in my hair would blow off into the cold damp of those winding backstreets. We’d ride past the ground-floor room he shared with his sick mother, all the way to an uninhabited apartment that didn’t even have power. There in the dark we’d make love, and often afterwards Franco would cry. He never did tell me why, as I drank his salty tears, but I think it was because a friend of his had been shot dead. After he broke it off one day, without explanation, I went back to watching the sea on my own, sunsets as intense as blood oranges.
Il fine settimana Mamma Rita mi portava in penisola, a Vico Equense o Sorrento. Da quella realtà parallela, il golfo si mostrava una perla nera, profumato e nero nero come inchiostro di seppia. Era talmente bello da farmi venire la malinconia, una che non si poteva spiegare…e nemmeno nominare in località così chic. La gente beveva e rideva, e io restavo in silenzio tentando di bucare con gli occhi l’impenetrabile superficie dell’acqua. Ogni tanto la agitava un’imbarcazione, lasciando una scia striata di luci gialle come elettrocardiogrammi. Dall’altra parte del golfo c’era Napoli. Semmai osavo alzare gli occhi, la città, avvolta in un alone arancione, mi fulminava con lo sguardo. E ogni volta il mio cuore impazziva all’idea che stesse lì ad aspettarmi.
On the weekends Mamma Rita would take me down the peninsula, to Vico Equense or Sorrento. From that parallel reality, the gulf showed its true colors. Dark as squid ink and sweet-smelling, it truly was a black pearl, so beautiful that it made me feel sad. It was a reaction I couldn’t explain…or even admit to in such fashionable spots. People around me would be drinking and laughing and I just stared out at the water trying to see through its impenetrable surface. Once in a while a boat would go by, shaking up the surface and leaving in its wake waves of yellow lights like electrocardiograms. On the other side of the gulf was Naples. Whenever I dared lift my gaze to look at the city burning orange in the night, it would glare back at me. And each time my heart would go wild thinking that it was just there waiting for me.
 (Leggi il primo capitolo del mio romanzo inedito Perduti nei Quartieri Spagnoli https://heddigoodrich.blogspot.co.nz/p/chapter-1.html)

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